RISTORANTE / CENA
“Il Tino” – Chef Daniele Usai – Lido di Ostia, via dei Lucilii 17
Che sapore ha l’eccellenza? Dopo la visita al Ristorante “Il Tino“, la risposta mi sembra molto semplice.
Abbiamo deciso di andare a fare visita al giovane Chef Daniele Usai, talentuoso e “fresco” di stella Michelin. La sua fama lo precede e, devo dire, a ragione.
Location piccola (arriva a un massimo di 28 coperti) ma curata, personale attento e dedito al cliente dall’inizio alla fine della cena.
Claudio Bronzi, infatti, oltre ad occuparsi egregiamente della gestione della sala, è il Cicerone della sconfinata carta dei vini (circa 150 etichette, di cui alcune variano a seconda della stagione, in concomitanza con le variazioni stagionali del menù).
Qui arriva la prima sorpresa: dalla carta ogni etichetta è disponibile per la mescita del singolo calice.
Insieme al vino arrivano le prime “coccole” dalla cucina: vari tipi di pane home made (grissini alla curcuma, panini al latte con semi di sesamo, panini al latte con semi di papavero, pane casareccio, piccola focaccia con fiori di cappero), e un’ostrica freschissima.
Per la scelta del cibo ci si può affidare allo Chef per il menù degustazione (quello da sei portate ha un prezzo di 50 euro), oppure scegliere dalla carta: gli antipasti e i primi costano 16-17 euro, mentre i secondi oscillano sui 21-23.
Per iniziare, la mia naturale tendenza ai sapori fusion mi ha indirizzata al piatto con gamberi rossi, cocco, passion fruit e coriandolo e all’assaggio della battuta di branzino con fragole di Terracina, finto caviale al limone e dragoncello.
Un esordio davvero superbo: per dare il benvenuto alla bella stagione, solo sapori delicati ed esotici che fanno da cornice a crudi di pesce tanto freschi da dare l’illusione che siano passati d’un blè dal mare al piatto.
Incuriosita dagli accostamenti proseguo con risotto al Campari, scampi e camomilla e agnolotti alle mazzancolle, vellutata di asparagi e zafferano.
Il risotto è sicuramente un ottimo banco di prova… Chiaramente: superata.
La nota amarognola del Campari si sente, ma non invade prepotentemente il palato e, anche in questo caso, gli scampi crudi sono la vera e propria “ciliegina sulla torta”.
Scelgo, poi, un assaggio di ventresca di tonno, radici (daikon rosso e carote) e riduzione di aceto di Banyuls. La cottura premia e rende giustizia a questo pregiato taglio di pesce, accompagnato dai sapori delle cruditè di verdure che bilanciano sapori e consistenze.
La chiusura col dolce è un obbligo: fragole, pistacchio e cioccolato bianco, una celebrazione in pompa magna del matrimonio frutti rossi-cioccolato bianco, accompagnati da una vera e propria “spugna” al pistacchio.
Insieme al caffè, infine, arriva la pasticceria secca insieme a dei piccoli Krapfen alla nocciola, caldissimi e, devo dire, davvero squisiti.
Inutile aggiungere che la cena mi ha soddisfatta a 360°: consiglio vivamente una visita.